Ispirato da una serie di post ultimamente pubblicati su Minimo dove elle, l’autrice, racconta la propria esperienza personale nell’intraprendere un percorso che dovrebbe prevedere nell’ordine: la vendita della propria casa, il trasferimento in una grande città e il passaggio in una casa in affitto, mi sono concesso alcune riflessioni e considerazioni sulla libertà.

Libertà, questa sconosciuta

Un ottimo punto di partenza per la riflessione, sono le due definizioni principali, che il vocabolario Treccani propone:

“L’esser libero, lo stato di chi è libero. Si oppone direttamente a schiavitù, prigionia.”

“In senso astratto e più generale, la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo; cioè, in termini filosofici, quella facoltà che è il presupposto trascendentale della possibilità e della libertà del volere, che a sua volta è fondamento di autonomia, responsabilità e imputabilità dell’agire umano nel campo religioso, morale, giuridico”

L’illusione della libertà

Per quanto riguarda la prima definizione e i casi più estremi della seconda, esse son recepite per lo più globalmente, e violazioni che contravvengono a queste sono palesemente riconosciute come indice di scarsa civiltà e progresso culturale, segno di arretratezza e, generalmente, si abbinano a paesi considerati non moderni o a avvenimenti storici lontani nel tempo. In questi casi, il dibattito si limita a valutare l’opportunità, la moralità e l’efficacia o meno di queste restrizioni e violazioni, ma mai se ne mette in dubbio la natura liberticida.

Anche nelle società moderne più avanzate però, si annidano forme di mancanza di libertà, figlie dello stesso processo di modernizzazione: più subdole, radicate ma ben nascoste, più leggere ma non meno gravi e pericolose. Il problema principale è che queste vengono ignorate, camuffate o, peggio ancora, giustificate se non elogiate e incoraggiate proprio nel nome di quel valore che offendono.

Ma come è possibile che una tale situazione si crei e venga implicitamente accettata da molte persone, anche intellettualmente e culturalmente dotate, in società universalmente riconosciute come civili e moderne?

Pressioni dall’alto

Dall’alto le oligarchie di potere (sia esso economico, politico o religioso), dati gli indubbi vantaggi che le loro posizioni hanno acquisito nel tempo e tutt’ora mantengono, hanno tutto l’interesse nel legittimare e mettere al sicuro la propria esistenza e il proprio ruolo, contribuendo in maniera pesante e attiva a creare e plasmare soggetti alienati, che non vogliono essere liberi ma preferiscono essere comodamente e passivamente guidati e sostenuti, senza la necessità di porsi problemi e soprattutto trovare delle soluzioni. A riguardo è interessante notare come queste oligarchie si riempiano continuamente la bocca della parola libertà, come per esorcizzare quello che per loro consiste in una delle minacce maggiori alla sussistenza del proprio stato di benessere agevolato (non felicità, sia chiaro).

La libertà è scomoda

Ma è altrettanto vero e innegabile che la libertà può essere scomoda, molto scomoda, e non solo per le oligarchie di potere, rispetto a chi vorrebbero guidare, ma anche a partire dal basso. L’essere liberi comporta dosi massicce di responsabilità, di consapevolezza e per questo di fatica. La libertà genera insicurezza e incertezza; in una società originatasi e permeata da ordinate catene di montaggio, dal profitto calcolato in cui tutto diventa lavoro da svolgere con orari fissi, molte persone accettano di buon grado di procedere durante la loro vita su binari sicuri, predefiniti e ben tracciati da altri, nell’ illusione del controllo della propria vita, piuttosto che correre il rischio di tracciare i propri o abbandonarli del tutto mettendosi in gioco. Prendersela con chi ha tracciato i binari sbagliati per noi è relativamente facile, ma se gli abbiamo tracciati noi o non ne abbiamo seguiti?

Liberi di non essere liberi

La libertà è spesso tirata in ballo a destra e a manca per gli scopi più svariati, anche i più subdoli e ignobili, anche se nei fatti solo in pochi si rendono pienamente conto della propria mancanza di libertà e ancora in meno sono veramente liberi. Da notare come questi ultimi spesso vivano ai limiti della società e come vengano additati come cattivi esempi e elementi distruttivi.

A mio modo di vedere il punto cruciale di tutta la questione è la presa di coscienza e la conoscenza della dose di libertà presente e mancante nelle vite di ognuno di noi. Solo questo ci può rendere veramente liberi, così liberi da accettare e, magari, ricercare in tutti i campi, o magari solo in alcuni di nostra preferenza, la nostra parziale mancanza di libertà, in nome di una maggiore sicurezza o una minore responsabilità o fatica.