Molto spesso, nelle nostre vite, ci troviamo in periodi più o meno lunghi, e più o meno felici, verso i quali siamo portati all’ attaccamento: o perchè ci illudiamo possano rimanere invariati per sempre, o quantomeno per un tempo sufficientemente lungo, garantedoci felicità a basso costo; o perchè, per paura, pigrizia e irresponsabilità, non vogliamo rischiare di peggiorare la nostra situazione, quando probabilmente, all’occhio di un osservatore esterno sufficientemente oggettivo, sarebbe chiaro che il rischio di peggiorare sarebbe solo una remota possibilità, a fronte di ben più probabili e importanti miglioramentii. Questa forma di avversione al cambiamento è quanto di più sofisticato e lontano dalla realtà ci sia.

Tutto cambia, più prima che poi

Come la scienza ci insegna, nelle nostre vite, e intorno ad esse, non esiste niente che è destinato a durare per sempre, o anche solo più di un breve periodo, in relazione alla scala dei tempi considerata, immutato: il cambiamento costituisce la regola, alla quale non esistono eccezioni. Ognuno di noi è in grado di constatarlo di persona, con un minimo di consapevolezza, guardandosi intorno giorno per giorno o pensando ad esempio a come era la proria vita giorni, settimane, mesi o anni fa: non importa cosa pensavamo in quel momento e se eravamo felici o meno, le cose sono cambiate a prescindere dalle nostre sensazioni e, probabilmente, anche dalle nostre volontà.

In questo scenario, una vita che si basi anche solo in parte sull’avversione al cambiamento, in un mondo pervaso di cambiamenti grandi e piccoli, crea non pochi problemi sia a livello concettuale che a livello pratico nei comportamenti che induce nelle persone.

L’illusione del non cambiamento

Nonostante la realtà ci fornisca continuamente prove sulla certezza del cambiamento, siamo portati e propensi ad ignorarle e a credere di essere al sicuro e immuni dai cambiamenti o, magari, di non doverne ricercare attivamente. Questa illusione, affonda le sue radici su un meccanismo di autorassicurazione e di autodifesa che, se nell’immediato ci rende più invulnerabili o per lo meno più indifferenti, non fa altro che aumentare la nostra vulnerabilità nei confronti del cambiamento, il che equivale ad una vulnerabilità nei confronti della vita stessa. Questa dinamica di base, di natura quasi istintuale, può essere amplificata a dismisura e risentire negativamente di una società che, più o meno direttamente, promuove una certa passività e alienazione delle persone.

L’allenamento al cambiamento: andate e cambiate

Tutto questo non significa che tutto cambi in maniera automatica e che quindi ogni nostra azione sia inutile, deve soltanto aiutarci a capire che non è possibile vivere senza cambiamenti in un mondo che cambia continuamente. In questo contesto, la cosa migliore da fare, è imparare a convivere e ad interagire attivamente con il cambiamento, in maniera quantopiù flessibile, e, a considerarlo parte integrante della nostra vita. Se ne può avere paura, si può esorcizzare, si può ingnorare, ma tanto lui sarà sempre lì, preciso e puntuale, a scombinare tutti i nostri piani e programmi. La convivenza con il cambiamento, sia attivo (la nostra attitudine al cambiarmento) che passivo (reazione a cambiamenti non dipendenti da noi), per essere raggiunto, ha bisogno di allenamento, i cui esercizi base sono l’introduzione di piccoli cambiamenti volontari nella nostra vita, il porsi delle domande su possibili cambiamenti, anche i più spiacevoli, con le nostre relative azioni e, per finire, un’accresciuta consapevolezza che tutto quello che è al momento è destinato a cambiare, magari nel giro di pochi secondi. Secondo un bell’aforisma:

Non esiste nessun sentiero che porta alla felicità, il sentiero è la felicita

Un sentiero che non cambia mai non esiste.