Da quello che si è potuto vedere da questo inizio di 2012, dagli scenari degni di 1984 di Orwelliana memoria, sembra che la lotta al terrorismo e l’esportazione della democrazia stia progressivamente e velocemente cedendo il passo alla lotta senza quartiere di quella che la propaganda chiama pirateria, alla strenua difesa della cosiddetta proprietà intellettuale e all’esportazione della lobbycrazia. Questo nuovo scenario, che nonostante la portata completamente differente si vuole per molti versi equiparare al terrorismo, sta superando in maniera preoccupante e piuttosto imbarazzante qualsiasi principio di buon senso e di confine nazionale.

ACTA

L’ACTA, Anti-Counterfeiting Trade Agreement, è un accordo commerciale internazionale per l’armonizzazione e la collaborazione fra i vari sistemi di difesa della proprietà intellettuale e della contraffazione a livello mondiale. Introdotto dagli Stati Uniti nell’ottobre 2011 e subito sottoscritto da Australia, Canada, Corea del Sud ,Giappone, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore e Svizzera, è diventato particolarmente famoso anche qui in Europa a causa della recente adesione di numerosi paesi europei, in Giappone lo scorso 26 gennaio. L’ACTA è un trattato che fin dalle prime stesure e consultazioni (2007), ha visto una massiccia influenza da parte delle lobby dell’ industria dei contenuti (MPAA e RIAA su tutte) e, per molto tempo, le informazioni e le indirscrezioni sulla sua nascita e il suo sviluppo, sono state volutamente tenute segrete all’opinione pubblica. Quando le informazioni sul contenuto hanno cominciato a trapelare, le critiche si sono fatte ancora più violente e, numerose associazioni come la Electronic Frontier Foundation (EFF) e la Free Software Foundation (FSF), ne hanno evidenziato i numerosi punti critici: rispetto alla privacy, alla libertà di espressione e alla libertà di informazione, sacrificate in nome della difesa della proprietà intellettuale, specialmente nel contesto europeo che, da questo punto di vista, si mostra più garantista e illuminato rispetto a quello statunitense. Non a caso il dibattito si è violentemente riaccesso, soprattutto in Europa, a seguito della adesione di tutti gli stati europei, ad eccezione di Germania, Olanda, Cipro, Estonia e Slovacchia, che comunque si sono espressi a favore. La reazione dell’opinione pubblica è stata piuttosto violenta, con proteste di piazza in numerosi stati europei e con illuminate reazioni politiche come le dimissioni di Kader Arif, il relatore europeo per l’ACTA, dimissionario per attirare ulteriormente l’attenzione dell’opinione pubblica. A seguito di questi eventi, Bulgaria, Polonia, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovenia hanno messo in dubbio la loro adesione e si sono unite a Germania, Olanda e Slovacchia che non la avevano, di fatto, ancora comunicata. E’ proprio di questi giorni la notizia che la Commissione Europea ha chiesto anche un parere alla Corte di Giustizia del Lussemburgo per valutare la legalità o meno dell’ACTA. Tutto questo, fortunatamente, ha contribuito a portare sotto la luce dei riflettori le contraddizioni e le dinamiche di diffusione di ACTA e ha posto un serio ostacolo al suo ingresso in Europa, dato che, per la ratifica e l’adozione definitiva, è necessaria sia l’adesione di tutti gli stati europei, sia l’approvazione del parlamento europeo, la cui votazione è prevista a Giugno: entrambi gli eventi ora più che mai in bilico.

Special 301

Lo Special 301 è un documento compilato annualmente dall’ “Office of the United States Trade Representative” (USTR), volto ad individuare problemi commerciali per le compagnie e i prodotti statunitensi nel resto del mondo. I problemi più comuni riguardano presunte violazioni di copyright, marchi e brevetti. Sulla base di questo documento, i paesi esteri, possono essere messi sotto osservazione, con priorità o meno, dagli Stati Uniti, il che, spesso, equivale a tutta una serie di attenzioni e pressioni particolari rivolte al paese obiettivo. Anche internamente agli Stati Uniti vengono mosse numerose critiche a questo tipo di sistema, ancor di più negli ultimi anni dove, la redazione dello Special 301, viene puntualmente e fortemente influenzato dalle lobby. Da questo punto di vista, risulta particolarmente attiva la IIPA (International Intellectual Property Alliance), coalizione che riunisce sette fra le più influenti associazioni dell’industria dei contenuti statunitensi, su tutte la RIAA, la MPAA e la BSA. Proprio negli utlimi giorni è stato reso pubblico il documento sottoposto dall’IIPA all’ USTR per il 2012 dove, paese per paese, è possibile leggere cosa secondo l’industria dei contenuti non va bene ma, soprattutto, una sorta di programma politico per porre il prima possibile rimedio a questi problemi. Consiglio la lettura di questi documenti a tutti ma, giusto per evidenziare il nocciolo della questione, riporto alcuni estratti (le traduzioni sono mie) dedicati a quali siano i punti salienti che dovrebbero essere perseguiti in Italia, che secondo l’IIPA, dovrebbe essere messa sotto osservazione, ma senza alta priorità:

  • Complete efforts to adopt AGCOM’s proposed regulations, establishing an effective system for the active cooperation of Internet service providers with rights holders against online infringement.

    Completare gli sforzi per l’adozione del regolamento proposto dall’AGCOM, stabilendo un sistema efficace per la cooperazione dei service provider Internet con i titolari dei diritti contro le violazioni online.

  • Take additional criminal actions against peer-to-peer (P2P) services that meet the criteria for injuctions ad liability stablished in the PirateBay decision and order ISPs to block access to those services.

    Prendere provvedimenti addizionali contro i servizi peer-to-peer che soddisfino i criteri di colpevolezza e responsabilità stabiliti nella decisione su PirateBay e ordinare agli ISP di bloccare l’accesso a questi servizi.

  • Coordinate government bodies at a high level toward focused IP enforcement efforts, increased IP training, and more dedicated resources within the police and the judiciary.

    Coordinare i soggetti governativi ad alto livello verso sforzi per l’applicazione della proprietà intellettuale, verso una maggiore consapevolezza della proprietà intellettuale e verso lo stanziamente di maggiori risorse dedicate alla polizia e alla magistratura.

  • Eliminate legal obstacles for rights holders to gather non-personally identifying IP addresses and, …, identities of infringers to take appropriate civil actions for the protection of their rights in the online environment.

    Eliminare gli ostacoli legali che vietano ai detentori dei diritti di identicare non personalmente gli indirizzi IP e, …, le identità dei trasgressori per intraprendere adeguate azioni civile per la protezione dei loro diritti online.

Riflessioni finali

E’ curioso come, in entrambi gli esempi proposti, a partire da fini commerciali statunitensi, e in nome di quella che viene chiamata proprietà intellettuale, si arrivi ad influire direttamente con i diritti di espressione, di informazione e di privacy di milioni di persone di altri paesi extra USA.

Ora, facendo finta di accettare pacificamente che, con buona pace della nostra costituzione, la sovranità del popolo venga traquillamente brutalizzata, non è forse troppo che, quest’ultimo, sia stata sostituito, non da lobby del nostro paese, non da popoli di altri paesi, ma addirittura da lobby di altri paesi?